lunedì, Novembre 10, 2025
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Il tragico destino di Benjemin. Nigeria-Favara solo andata: è morto un uomo amato da tutti

Era un uomo discreto, con un sorriso buono e mani abituate al lavoro. Così lo ricordano oggi i colleghi e gli amici di Favara, dove Benjemin, nigeriano, da dodici anni aveva trovato una seconda casa e una famiglia.

La sua storia è quella di un’integrazione autentica, fatta di rispetto, fatica e gratitudine reciproca.

con Fra Giuseppe Maggiore ed l’ex Vescovo di Agrigento Don Franco Montenegro, quando era Vescovo ad Agrigento

Era il 2014 quando, nel convento di San Francesco di Favara, un frate francescano amato da tutta la città diede vita a un’esperienza unica di accoglienza e solidarietà: la Tenda del Padre Abramo. Un progetto nato dal cuore di Fra’ Giuseppe Maggiore, guardiano del convento Francescano e fondatore dell’iniziativa, che aprì le porte del chiostro a ragazzi immigrati in difficoltà, offrendo ospitalità gratuita, dialogo e condivisione. In pochi mesi quei luoghi di preghiera si trasformarono in una casa colma di umanità, di storie e di speranze.

“Fu proprio la che conobbi Benjemin – racconta Giovanni Mossuto, uno dei responsabile della Cooperativa, con un post sul proprio profilo Facebook – Era un giovane nigeriano arrivato a Favara da Bologna dopo aver vissuto periodi difficili, tra precarietà, senza una casa e senza un lavoro. Chiesi a Fra’ Giuseppe se potevamo aiutare qualcuno tra i ragazzi ospitati, e lui mi rispose: “Un bravo ragazzo, un padre di famiglia.Da quel giorno Benjemin iniziò a lavorare con la cooperativa. Fin dal primo momento si capì subito che il frate non si era sbagliato: serio, scrupoloso, generoso. Benjemin è stato per dodici anni un collaboratore prezioso e un compagno di viaggio leale”.

Con il suo impegno e la sua costanza è riuscito a garantire alle figlie un’istruzione fino alla laurea, sostenendo con dignità e amore la sua famiglia rimasta in Nigeria. Non era più rientrato in quel pezzo di terra africana, ed il suo sogno era quello di ritornare definitivamente nella sua terra dopo una agognata pensione. Amava la cucina etnica ma non disdegnava i piatti italiani, a testimonianza di una integrazione che negli anni aveva raggiunto importanti risultati. Cattolico, frequentava le messe ed era ben voluto da tutti. Era un uomo di poche parole, ma di grandi gesti.

Ieri, inaspettatamente, non si è presentato al lavoro. I colleghi, preoccupati, sono andati a cercarlo e lo hanno trovato privo di sensi. Dopo la corsa in ospedale, la tragica notizia: coma irreversibile, poi la morte. “Per la nostra cooperativa – scrive Giovanni Mossuto – ne va un pezzo di noi stessi, della nostra storia, di ciò che siamo stati in questi lunghi anni.
Vorrei abbracciare le sue figlie per raccontare loro del padre che è stato: un esempio di integrazione, di educazione, di rispetto e di amore verso tutti. Ci mancheranno la sua presenza discreta, il suo sorriso, e le sue telefonate con quel tono gentile: “Giová, scusa se ti disturbo…” Arrivederci, Benjemin. Hai lasciato un segno che non si dimentica”.

Appresa la triste notizia anche Fra Giuseppe Maggiore, sul suo profilo FB ha mandato un saluto sintetico ma ricco di sentimento:“Riposa in pace fratello carissimo”.

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